La misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza può essere applicata ai soggetti socialmente pericolosi ai sensi dell'art. 1, comma 1, lett. c) del d.lgs. n. 159 del 2011, ossia a coloro che risultino dediti in maniera non occasionale alla commissione di fatti criminosi lesivi o comunque pericolosi per la sicurezza, la sanità e la tranquillità pubblica, a prescindere dalla natura meramente individuale dei beni giuridici offesi. A tal fine, il giudice deve valutare concretamente la pericolosità sociale del proposto sulla base di elementi fattuali, senza necessità di accertare che i reati commessi abbiano costituito l'unica o prevalente fonte di reddito, come invece richiesto per l'applicazione della misura ai sensi dell'art. 1, comma 1, lett. b) del medesimo decreto. È sufficiente che le condotte delittuose, anche se qualificate come "di lieve entità", siano idonee a porre in pericolo beni giuridici di rilevanza pubblica, come la salute e la sicurezza collettiva. Il giudizio di pericolosità sociale può essere formulato anche in relazione a fattispecie diverse da quelle prospettate nell'iniziale richiesta, senza che ciò comporti violazione del principio di correlazione, atteso che la misura di prevenzione è finalizzata a neutralizzare la pericolosità del soggetto e non a sanzionare specifici reati. Pertanto, il giudice può ricondurre la pericolosità sociale del proposto alla previsione di cui alla lett. c) dell'art. 1, comma 1, d.lgs. n. 159 del 2011, pur avendo inizialmente ipotizzato l'applicabilità della misura ai sensi della lett. b) della medesima disposizione.