Il principio di diritto fondamentale che emerge dalla sentenza è il seguente: La valutazione dei gravi indizi di colpevolezza e delle esigenze cautelari in sede di riesame di ordinanza cautelare personale deve essere compiuta dal giudice nel rispetto dei limiti del sindacato di legittimità, senza possibilità di una nuova ricostruzione del fatto e di una diversa valutazione delle risultanze processuali. Il giudice di legittimità può censurare solo l'esistenza di vizi logici manifesti nella motivazione del provvedimento impugnato, senza poter riesaminare il merito della vicenda. In particolare, in tema di misure cautelari personali, il ricorso per cassazione è ammissibile solo se denuncia la violazione di specifiche norme di legge o la manifesta illogicità della motivazione, ma non anche quando propone censure che riguardano la ricostruzione dei fatti o che si risolvono in una diversa valutazione degli elementi esaminati dal giudice di merito. Quanto alla valutazione delle esigenze cautelari, il giudice deve tenere conto del fattore temporale, ove esso sia di notevole consistenza, motivando in ordine alla rilevanza del tempo trascorso e indicando specifici elementi di fatto idonei a dimostrare l'attualità delle esigenze cautelari, anche in relazione ai reati associativi di cui all'art. 74 D.P.R. n. 309/1990. La presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari prevista dall'art. 275, comma 3, c.p.p. può essere vinta solo attraverso l'acquisizione di elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari, senza che sia possibile una diversa valutazione degli elementi di fatto già esaminati dal giudice di merito.