Il diniego del rilascio della patente di guida ai sensi dell'art. 120, comma 1, del Codice della Strada per insussistenza dei requisiti morali in capo al richiedente, costituisce un atto vincolato dell'amministrazione, non espressione di discrezionalità, la cui adozione consegue necessariamente al solo verificarsi dei presupposti normativamente previsti. Pertanto, le relative controversie sono devolute alla giurisdizione del giudice ordinario, in quanto attengono a posizioni giuridiche soggettive aventi la consistenza di diritto soggettivo perfetto, non degradabili ad interesse legittimo. Ciò vale anche a seguito della pronuncia della Corte Costituzionale n. 22/2018, che ha fatto venir meno l'automatismo della revoca della patente di guida conseguente a condanne per reati in materia di stupefacenti, non incidendo sulla natura vincolata del provvedimento di diniego del rilascio adottato ai sensi dell'art. 120, comma 1, del Codice della Strada. Pertanto, il giudice amministrativo è privo di giurisdizione a conoscere di tali controversie, le quali devono essere proposte innanzi al giudice ordinario, al quale spetta l'accertamento della sussistenza o meno dei requisiti morali prescritti dalla legge per il conseguimento del titolo abilitativo alla guida.