La dichiarazione di accettazione della candidatura a consigliere comunale, contenente l'esplicita attestazione del candidato di non trovarsi in alcuna delle condizioni di non candidabilità previste dalla legge, costituisce un atto pubblico la cui falsità ideologica, consistente nell'aver attestato il falso circa l'insussistenza di precedenti penali ostativi, integra il reato di cui all'art. 87-bis del D.P.R. n. 570 del 1960, norma speciale rispetto all'art. 483 c.p. Tale reato è configurabile anche in caso di mera negligenza o disattenzione del candidato nel dichiarare il vero, non essendo necessario il dolo specifico, essendo sufficiente il dolo generico derivante dalla consapevolezza dell'immutatio veri. La pena prevista per tale reato, più severa rispetto a quella dell'art. 483 c.p., non può tuttavia essere aumentata d'ufficio dalla Corte di Cassazione in sede di legittimità, ove il giudice di merito abbia erroneamente applicato una pena inferiore al minimo edittale, in quanto ciò comporterebbe una reformatio in peius vietata.