La coltivazione di piante di canapa indiana, anche se finalizzata ad un uso personale terapeutico e con un principio attivo non particolarmente elevato, integra il reato di cui all'art. 73 del D.P.R. n. 309/1990, in quanto non rientra nella fattispecie di detenzione per uso personale, essendo sufficiente la produzione di una quantità, seppur modesta, di sostanza stupefacente. Il giudice di merito, nel valutare la rilevanza penale del fatto, deve escludere la configurabilità della detenzione per uso personale qualora accerti che la coltivazione abbia consentito la produzione di una quantità di stupefacente, anche se non cospicua, idonea a soddisfare un uso diverso da quello strettamente personale e terapeutico. Tale principio, affermato dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, si applica in modo uniforme a tutti i casi analoghi, indipendentemente dalle specifiche circostanze del singolo fatto, e non consente di ritenere penalmente irrilevante la coltivazione di piante di canapa indiana per uso personale, anche se finalizzata a scopi terapeutici e con un modesto principio attivo.