Cassazione penale Sez. VI sentenza n. 2537 del 27 novembre 1993

ECLI:IT:CASS:1993:2537PEN

Massima

Massima ufficiale
Con la disciplina dettata nell'art. 309, che richiama l'art. 127 cod. proc. pen., il legislatore del nuovo codice ha voluto deliberatamente innovare l'istituto del riesame, introdotto dalla legge 12 agosto 1982 n. 532, che non consentiva l'espletamento di un vero contraddittorio, giacché gli atti, che erano dal giudice conosciuti, rimanevano ignoti al difensore perché coperti dal segreto. L'attuale normativa impone che il Tribunale, per rispetto del principio del contraddittorio e del diritto di difesa, non possa decidere tenendo conto di elementi che non emergano dagli atti trasmessi dal P.M. in quella specifica procedura o non risultino addotti dalle parti in udienza, ossia di elementi non conoscibili dalla difesa. La violazione di tale normativa e la decisione assunta in base ad atti non conoscibili dalla difesa comporta nullità del provvedimento a norma degli artt. 178 lett. c) e 180 cod. proc. PEN.. (Nella specie, l'ordinanza del Tribunale del riesame - annullata con rinvio dalla Corte di Cassazione - dava atto che nel fascicolo erano contenuti "l'ordinanza cautelare, il verbale dell'udienza di convalida e il relativo interrogatorio", mentre "gli altri atti" - notizia di reato trasmessa al P.M. dalla polizia giudiziaria e verbale di arresto - utilizzati per la decisione, erano inseriti nella procedura di riesame, separatamente già decisa, di un coindagato, contestualmente arrestato, non conosciuti e non conoscibili dal difensore del ricorrente).

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