Il licenziamento per giusta causa è una nozione di carattere generale che richiede una valutazione specifica del fatto contestato, alla luce dei principi e degli standards valutativi esistenti nella realtà sociale e aziendale. Pertanto, la legittimità del recesso datoriale non può essere desunta dalla mera sussistenza di un comportamento astrattamente rilevante sul piano disciplinare, ma deve essere accertata in concreto, tenendo conto di tutti gli elementi fattuali e delle circostanze del caso, al fine di verificare se la condotta del lavoratore abbia effettivamente leso irrimediabilmente il vincolo fiduciario con il datore di lavoro, così da rendere impossibile la prosecuzione anche provvisoria del rapporto. In particolare, quando la contestazione disciplinare sia incentrata su un comportamento del dipendente che, pur integrando una violazione formale di norme aziendali, risulti tuttavia inserito in una prassi diffusa e tollerata dalla direzione aziendale, tale circostanza esclude la gravità e la proporzionalità del licenziamento, in quanto la condotta del lavoratore non può essere considerata espressione di un atteggiamento di aperta e consapevole infedeltà agli interessi dell'impresa. Pertanto, in tali ipotesi, il licenziamento per giusta causa risulta illegittimo e il lavoratore ha diritto alla tutela reintegratoria prevista dall'art. 18, comma 4, dello Statuto dei Lavoratori.