Cassazione penale Sez. I sentenza n. 56734 del 19 dicembre 2017

ECLI:IT:CASS:2017:56734PEN

Massima

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Il differimento facoltativo dell'esecuzione della pena per grave infermità fisica, ai sensi dell'art. 147 c.p., n. 2, e la misura alternativa della detenzione domiciliare, di cui all'art. 47-ter della L. n. 354/1975, trovano fondamento nel contemperamento dei principi costituzionali che assicurano l'uguaglianza di tutti i cittadini senza distinzione di condizioni personali e di salute, l'esecuzione delle pene in modo tale da non tradursi in trattamenti contrari al senso di umanità, nonché la tutela del diritto fondamentale alla salute dell'individuo. L'interpretazione giurisprudenziale di tali istituti mira a bilanciare l'interesse dell'ordinamento all'esecuzione delle pene legittimamente inflitte con quello del condannato a non essere sottoposto a trattamenti non tollerati dalle sue condizioni di salute e contrari alla dignità della persona. Pertanto, lo stato morboso del condannato non è in assoluto ostativo all'esecuzione della pena detentiva, ma legittima il temporaneo differimento dell'espiazione in condizioni di restrizione carceraria quando le patologie autorizzino una prognosi infausta "quoad vitam", oppure il soggetto in stato di libertà possa accedere a cure e trattamenti indispensabili, ma non praticabili in stato di detenzione, ovvero quando l'espiazione in ambiente carcerario, per effetto della particolare serietà delle malattie o per le condizioni complessive del detenuto, risulti in contrasto con il senso di umanità e non possa sortire alcun effetto risocializzante e rieducativo. Ai fini dell'applicazione dell'istituto del differimento facoltativo, la valutazione della "grave infermità fisica" presuppone che il condannato sia affetto da patologie di qualificata serietà, tali da esporre a pericolo la sua vita o da provocare altre rilevanti conseguenze pregiudizievoli o, comunque, da esigere cure inattuabili nel circuito carcerario, bilanciando le sue esigenze personali con l'interesse di sicurezza e prevenzione della collettività, tanto che il giudizio di perdurante pericolosità sociale del condannato autorizza il rigetto della richiesta di differimento dell'esecuzione. Inoltre, la Corte Costituzionale ha chiarito che la previsione del differimento obbligatorio dell'esecuzione della pena per i detenuti affetti da AIDS conclamato o da grave deficienza immunitaria, di cui all'art. 146 c.p., comma 1, n. 3), non introduce una presunzione assoluta di incompatibilità tra detenzione in carcere e tale stato di malattia, ma richiede una verifica casistica del livello di gravità raggiunto dalla patologia, in modo da accertare che essa sia giunta alla sua fase terminale, così da escludere la rispondenza del soggetto ai trattamenti disponibili o alle terapie curative, giustificando la fuoriuscita dal regime detentivo inframurario per ragioni umanitarie, secondo quanto imposto dall'art. 27, comma 3, Cost.

Sentenza completa

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI TOMASSI Mariastefani - Presidente

Dott. FIORDALISI Domenico - Consigliere

Dott. ((omissis)) - Consigliere

Dott. TALERICO Palma - Consigliere

Dott. CENTOFANTI Frances - Rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
avverso l'ordinanza del 24/01/2017 del TRIB. SORVEGLIANZA di TORINO;
sentita la relazione svolta dal Consigliere Dott.ssa ((omissis));
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. ((omissis)) che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con ordinanza in data 24 gennaio 2017 il Tribunale di sorveglianza di Torino respingeva la richiesta, proposta dalla condannata (OMISSIS), diretta ad ottenere il differimento facoltativo dell&…

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