Il Tribunale Amministrativo Regionale, nell'esaminare la legittimità di un permesso di costruire rilasciato dal Comune, afferma che: 1. La deliberazione della giunta comunale che generalizza il meccanismo di monetizzazione delle porzioni di lotti in zona B1 aventi superficie inferiore a mq 1.000, altrimenti assoggettate a cessione gratuita, costituisce atto applicativo e non modificativo della relativa previsione del piano regolatore generale, rientrando nella facoltà dell'amministrazione comunale di rinunciare all'acquisizione di tali aree in favore della monetizzazione del loro valore. 2. L'omessa allegazione del certificato storico catastale alla domanda di permesso di costruire, richiesto dal regolamento edilizio comunale per le zone soggette a monetizzazione, non inficia la legittimità del titolo abilitativo, in quanto l'amministrazione comunale ha correttamente valutato la superficie effettiva del lotto, accertata in mq 960, anziché l'erronea risultanza catastale di mq 1.124. 3. I parametri edilizi e urbanistici previsti dal progetto assentito, quali le distanze, le superfici a parcheggio, le altezze e i volumi, sono conformi alla normativa vigente e non presentano profili di illegittimità. 4. Ai fini dell'applicazione della disciplina sulla monetizzazione delle aree a standards prevista dal piano regolatore generale, rileva la superficie effettiva del lotto, accertata in sede istruttoria, e non le risultanze catastali, anche se difformi, in quanto queste ultime non sono da reputarsi "indispensabili" ai fini dell'applicazione della relativa previsione normativa. 5. L'amministrazione regionale, nell'esercitare il potere di annullamento del permesso di costruire ai sensi dell'art. 39 del d.p.r. n. 380/2001, è tenuta a valutare comparativamente l'interesse pubblico alla rimozione del titolo abilitativo illegittimo e l'affidamento del privato nella conservazione dello stesso, maturato nel tempo, motivando adeguatamente tale bilanciamento.