L'annullamento d'ufficio di un provvedimento amministrativo è un potere discrezionale della pubblica amministrazione che può essere esercitato in presenza di un interesse pubblico concreto ed attuale, nel rispetto del principio di proporzionalità e del contraddittorio procedimentale. Tale potere può essere legittimamente esercitato anche oltre il termine di 18 mesi previsto dall'art. 21-nonies della legge n. 241/1990, qualora il provvedimento da annullare abbia determinato una novazione del rapporto contrattuale sottostante, come nel caso di un incremento rilevante dell'importo contrattuale disposto con successivo provvedimento. In tali ipotesi, il termine di 18 mesi non decorre dalla data del provvedimento originario, ma dalla data dell'atto che ha modificato in modo sostanziale il rapporto contrattuale. Inoltre, il termine procedimentale può essere sospeso per effetto di specifiche disposizioni normative, come quelle introdotte in relazione all'emergenza epidemiologica da COVID-19. L'annullamento d'ufficio di un affidamento diretto, in assenza dei presupposti di legge, risponde a un prevalente interesse pubblico alla corretta applicazione della normativa in materia di contratti pubblici e all'evitare un indebito esborso di denaro pubblico, senza che ciò comporti una violazione del principio di buon andamento della pubblica amministrazione. Pertanto, il provvedimento di annullamento d'ufficio, adeguatamente motivato in ordine alla sussistenza dell'interesse pubblico concreto ed attuale, non è affetto da vizi di legittimità, neppure sotto il profilo del deficit motivazionale.