Cassazione penale Sez. V sentenza n. 1278 del 14 gennaio 2003

ECLI:IT:CASS:2003:1278PEN

Massima

Massima ufficiale
In tema di misure cautelari, il comma 1 bis dell'art. 273 c.p.p., introdotto dall'art. 11 della legge 1 marzo 2001 n. 63, nello stabilire che nella valutazione dei gravi indizi di colpevolezza si applicano, tra le altre, le disposizioni dell'art. 192, commi 3 e 4 c.p.p., comporta soltanto che le dichiarazioni accusatorie provenienti da coimputati o coindagati per il medesimo reato ovvero per reato connesso o interprobatoriamente collegato debbono essere valutate, ai fini del giudizio in ordine alla loro gravità indiziaria, «unitamente agli altri elementi di prova che ne confermano l'attendibilità», senza che ciò implichi anche la necessità che i detti elementi (c.d. «riscontri») abbiano anche carattere individualizzante giacché, altrimenti, verrebbe meno la sostanziale differenza tra «prova» richiesta ai fini del giudizio di responsabilità e «indizio grave», richiesto ai soli fini cautelari.

Sentenza completa

MOTIVI DELLA DECISIONE 1. Con ordinanza in data 10 aprile 2002 L. C. fu sottoposto alla misura cautelare della custodia in carcere, perché indagato per partecipazione ad associazione camorristica e per gli omicidi, con connessi delitti relativi alle armi, commessi ai danni di C. De G. e M. C. Richiesto del riesame dell'ordinanza cautelare, il Tribunale di Napoli confermò la misura per le imputazioni relative all'omicidio di M. C., ma annullò il provvedimento sia per il delitto di partecipazione ad associazione camorristica sia per le imputazioni relative all'omicidio di C. De G., ritenendo insussistente per tali addebiti il presupposto probatorio della misura. In particolare, quanto al delitto associativo, il tribunale rilevò che L. C., essendo stato già condannato definitivamente per tale reato, era chiamato a rispondere per una ipotizzata sua successiva partecipazione allo stesso sodalizio criminale, compresa tra l'11 novembre 1996 e il giugno 1997…

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