Cassazione penale Sez. V sentenza n. 26061 del 12 giugno 2019

ECLI:IT:CASS:2019:26061PEN

Massima

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Il diritto di critica, pur se esercitato con espressioni anche aspre e polemiche, non integra il reato di diffamazione quando risulti ispirato dalla finalità di tutelare il proprio operato e non travalichi i limiti della verità dei fatti e della continenza formale. Anche l'utilizzo di locuzioni icastiche, come il riferimento a "masse di barbari", non è di per sé sufficiente a configurare un intento denigratorio, ove tali espressioni risultino mutuate da dichiarazioni rese dalla stessa persona offesa e siano inserite in un contesto caratterizzato da una significativa discussione pubblica accompagnata da iniziative giudiziarie individuali. In tali ipotesi, la valutazione complessiva del contenuto e delle finalità della critica, alla luce del contesto in cui essa si colloca, consente di escludere la sussistenza del reato di diffamazione, dovendosi riconoscere la prevalenza del diritto di critica rispetto all'interesse alla tutela della reputazione.

Sentenza completa

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE MARZO Giuseppe - Presidente

Dott. ROMANO Michele - Consigliere

Dott. CAPUTO Angelo - rel. Consigliere

Dott. SCORDAMAGLIA Irene - Consigliere

Dott. BORRELLI Paola - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI ROMA;
nel procedimento a carico di:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
in cui e' parte civile:
(OMISSIS);
avverso la sentenza del 28/05/2018 del GIUDICE DI PACE di ROMA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. CAPUTO ANGELO;
Uditi in pubblica udienza: il Sostituto Procuratore Generale della Repubblica presso questa Corte di cassazione Dott.ssa PICARDI Antonietta, che ha…

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