Il sequestro preventivo ai sensi dell'art. 416-bis, comma 7, c.p. può essere disposto non solo sulle cose che hanno servito o sono state destinate a commettere il reato di associazione mafiosa, nonché sul prezzo, il prodotto o il profitto dello stesso, ma anche sui beni che costituiscono l'impiego dei proventi illeciti derivanti dall'attività criminosa, anche se apparentemente estranei al contesto mafioso, in quanto riconducibili all'investimento dei profitti illeciti. Il giudice, nel valutare la sussistenza dei presupposti per il sequestro, deve pertanto esaminare non solo il nesso di pertinenzialità diretta tra i beni e il reato, ma anche l'eventuale collegamento indiretto derivante dall'impiego dei proventi illeciti, senza limitarsi a considerare esclusivamente la natura e l'attività delle singole società o imprese. La confisca obbligatoria prevista dalla norma, infatti, mira a privare l'associazione mafiosa dei mezzi economici e patrimoniali di cui si è avvalsa per il perseguimento dei propri scopi criminali, impedendone il reimpiego e la circolazione nell'economia legale.