Il tentativo di omicidio si configura quando l'agente pone in essere atti idonei, diretti in modo non equivoco a cagionare la morte della vittima, valutati secondo un giudizio prognostico ex ante, avuto riguardo ai mezzi utilizzati, alla regione corporea attinta e alla concreta potenzialità lesiva dell'azione, a prescindere dall'effettiva verificazione dell'evento morte. Ai fini della configurabilità del tentato omicidio, rileva l'atteggiamento psicologico dell'agente diretto a cagionare un evento più grave di quello realizzato, senza che sia necessario l'accertamento di un pericolo di vita effettivo e concreto per la vittima. La valutazione della gravità del fatto e dell'adeguatezza della pena irrogata rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, il quale è tenuto a fornire una motivazione congrua e logica, senza necessità di esaminare analiticamente tutti i parametri di cui all'art. 133 c.p., ove abbia comunque considerato gli elementi rilevanti ai fini della determinazione della pena.