Il giudizio di pericolosità sociale ai fini dell'applicazione di misure di prevenzione personali e patrimoniali può fondarsi non solo su condanne penali definitive, ma anche su elementi emersi in procedimenti penali pendenti, purché non vi sia stata una sentenza irrevocabile di assoluzione. Il giudizio di pericolosità non deve essere valutato in maniera atomistica, ma deve considerare la complessiva attività criminale del soggetto, desumibile da una pluralità di condanne e procedimenti penali, anche se non tutti sfociati in condanne definitive, purché vi sia un nesso di strumentalità tra di essi e finalità di arricchimento illecito. Le prescrizioni imposte nell'ambito delle misure di prevenzione, come il divieto di associarsi a pregiudicati, sono legittime se finalizzate a prevenire la commissione di ulteriori reati, in ragione della pericolosità sociale del soggetto. Il giudizio di sproporzione tra il tenore di vita e i redditi dichiarati può fondarsi anche su attività economiche svolte in nero, purché vi sia una significativa sproporzione tra il valore dei beni posseduti e i redditi leciti dichiarati, tale da far presumere l'origine illecita dei beni. La confisca dei beni di terzi, formalmente intestatari ma riconducibili al soggetto sottoposto a misura di prevenzione, è legittima se finalizzata al ripristino della legalità e non ha carattere meramente punitivo.