Il dolo eventuale è configurabile nel reato di ricettazione quando l'agente, pur non avendo la certezza della provenienza illecita del bene, si è posto il quesito circa tale provenienza, risolvendolo nell'indifferenza della soluzione. Viceversa, il dolo diretto sussiste quando, sulla base degli elementi fattuali, risulta accertata la consapevolezza dell'agente circa l'illecita provenienza del bene, anche in assenza di una esplicita ammissione. In particolare, l'omessa o non attendibile indicazione della provenienza del bene ricevuto costituisce un chiaro indice rivelatore della volontà di occultamento, logicamente spiegabile con un acquisto in mala fede. Pertanto, il giudice di merito può legittimamente modificare la qualificazione dell'elemento soggettivo del reato, da dolo eventuale a dolo diretto, purché tale valutazione sia sorretta da una motivazione logica e coerente con gli elementi di fatto accertati. Ciò in quanto, in tema di appello, non costituisce motivo di nullità della sentenza di primo grado una motivazione ritenuta errata dal giudice di secondo grado, il quale può sostituirla integralmente, pur confermando il dispositivo.