Il principio di diritto fondamentale che emerge dalla sentenza è il seguente: L'errore di fatto, quale causa di esclusione della punibilità ai sensi dell'art. 47 c.p., ricorre soltanto quando l'agente abbia una inesatta percezione o difettosa ricognizione di un elemento materiale del reato, tale da alterare il presupposto del processo volitivo e indirizzarlo verso una condotta viziata alla base. Non può invece configurarsi errore di fatto quando l'agente abbia percepito correttamente la realtà, ma sia incorso in un errore sull'interpretazione tecnica della stessa e sulle norme che la disciplinano, essendo tale errore di diritto ininfluente ai fini dell'applicazione della citata disposizione. Inoltre, la situazione di dubbio sull'esistenza del fatto, che determina uno stato di incertezza e la possibilità di una differente valutazione, impedisce il formarsi dell'erronea certezza richiesta dalla norma sull'errore di fatto, escludendone l'operatività. Pertanto, la consapevolezza dell'agente circa la pendenza di un precedente procedimento penale per violazione di sigilli, conclusosi con sentenza di condanna divenuta irrevocabile, esclude la configurabilità dell'errore di fatto, in quanto dimostra la sua piena conoscenza della situazione di fatto e del relativo quadro normativo, nonostante l'intervenuta assoluzione in un precedente giudizio.