Cassazione penale Sez. V sentenza n. 15260 del 2 aprile 2003

ECLI:IT:CASS:2003:15260PEN

Massima

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Il decreto di citazione a giudizio, anche se privo della sottoscrizione dell'ausiliario, non determina la nullità dell'atto, in quanto tale requisito non è previsto a pena di nullità dalla legge processuale penale. La mancanza della firma dell'ausiliario costituisce una mera irregolarità, che non impedisce il raggiungimento dello scopo dell'atto, ovvero l'interruzione del termine di prescrizione. Pertanto, il termine di prescrizione massimo, a causa del fatto interruttivo della emissione del decreto di citazione a giudizio, continua a decorrere, non essendo ancora compiuto al momento della pronuncia della sentenza. In tali casi, la sentenza deve essere annullata con rinvio al giudice di primo grado per un nuovo esame, al fine di verificare la sussistenza delle condizioni per la prosecuzione del processo.

Sentenza completa

In fatto, si rileva che il Tribunale di Frosinone -in composizione monocratica-, con sentenza pronunciata in data 25 giugno 2001, dichiarava non doversi procedere nei confronti di C. R., P. P. e P. L. in ordine al concorso nel reato continuato di violenza privata e lesioni volontarie, nonché al reato di minaccia ascritto al primo, per estinzione a causa di sopravvenuta prescrizione. Il S. Procuratore Generale ricorre, adducendo la inosservanza o erronea applicazione di legge, ex art. 606 comma 1 lett. b) c. p.p., in ragione della ritenuta nullità del decreto di citazione a giudizio, perché privo della sottoscrizione dell'ausiliario, come disposto dall'art. 552 lett. h) c. p.p., e quindi carente di efficacia interruttiva. Osserva la Corte che la censura è fondata con riferimento alla prevalente giurisprudenza, attestante la esclusione della sottoscrizione dell'ausiliario, quale requisito della esistenza giuridica della "vocatio in ius". La mancanza d…

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