Cassazione penale Sez. V sentenza n. 5159 del 9 maggio 1991

ECLI:IT:CASS:1991:5159PEN

Massima

Massima ufficiale
In tema di giudizio abbreviato, per quanto vada emesso all`esito del dibattimento, v. il giudizio, secondo la sentenza della Corte Costituzionale n. 66 dell`8 febbraio 1990, che ha dichiarato l`illegittimita` costituzionale dell`art. 247 delle disposizioni di attuazione del nuovo codice di rito nella parte in cui non prevede che in caso di dissenso il P.M. debba indicarne le ragioni e nella parte in cui non prevede che il giudice possa sindacare il dissenso ed applicare ugualmente, se lo ritiene ingiustificato all`esito del dibattimento, la diminuente di cui all`art. 442 del nuovo codice, tale giudizio deve essere necessariamente riferito alla possibilita` di decidere compiutamente sull`accusa allo stato degli atti raccolti anteriormente al dibattimento, sicche` il giudice, a prescindere dalla rilevanza delle acquisizioni dibattimentali, dovra` riportarsi allo stato delle acquisizioni probatorie anteriori alle formalita` di apertura del dibattimento (nel caso previsto dall`art. 247, disp. att.), al solo fine di stabilire se esse avrebbero consentito il giudizio abbreviato ed al solo fine ultimo di applicare la diminuzione di pena prevista dal secondo comma dell`art. 442 predetto. (Nella specie la S.C. ha ritenuto che, una volta espresso dal P.M. un dissenso motivato e non pretestuoso, anche sulla base della norma quale risulta dalla parziale dichiarazione di illegittimita` costituzionale non restava che procedere al dibattimento con le forme ordinarie; che nessuna irregolarita`, ne` tanto meno nullita` assoluta, si era dunque verificata sotto il profilo processuale; che gli imputati avrebbero quindi potuto dolersi unicamente della mancata concessione della riduzione di pena ai sensi dell`art. 442 citato, ma si tratta di doglianza di natura sostanziale, che avrebbe dovuto formare oggetto di tempestiva impugnazione).

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