La Corte di Cassazione, nell'esaminare i ricorsi proposti dagli imputati avverso la sentenza della Corte di Appello di Genova, afferma il seguente principio di diritto: Per la configurabilità della partecipazione all'associazione di tipo mafioso, non è necessaria l'esistenza di una "locale" costituita ed organizzata secondo le forme tipiche e rituali dell'associazione-madre, essendo sufficiente che il gruppo criminale locale abbia acquisito una capacità di intimidazione tale da piegare la volontà di coloro che entrano in contatto con esso, anche in assenza di una struttura organizzativa analoga a quella della consorteria mafiosa di origine. Ciò in quanto l'elemento essenziale è la concreta operatività del sodalizio e la manifestazione all'esterno della sua forza intimidatrice, a prescindere dalla rigorosa aderenza ai moduli organizzativi e rituali della casa-madre. Inoltre, la partecipazione all'associazione mafiosa può essere desunta da una pluralità di elementi fattuali, purché, sulla base di una loro lettura unitaria e secondo regole di esperienza attinenti al fenomeno mafioso, sia logicamente inferibile il ruolo dinamico e funzionale dell'individuo all'interno del sodalizio, anche attraverso condotte che si presentino come normali esplicazioni di vita quotidiana o lavorativa. Infine, l'aggravante della finalità di agevolazione dell'associazione mafiosa, prevista dall'art. 7 della L. n. 203 del 1991, è configurabile anche quando tale scopo non costituisca l'obiettivo diretto della condotta delittuosa, essendo sufficiente che il concorrente sia comunque consapevole della finalità agevolatrice perseguita dai compartecipi.