Il ricorso amministrativo diviene improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse della parte ricorrente, qualora questa dichiari di non avere più interesse all'annullamento dell'atto impugnato a seguito dell'adozione del provvedimento richiesto, con conseguente compensazione delle spese di giudizio. Il principio di diritto enunciato nella sentenza è che il ricorso amministrativo diviene improcedibile quando la parte ricorrente dichiara di non avere più interesse all'annullamento dell'atto impugnato, in quanto è stato adottato il provvedimento richiesto. In tal caso, le spese di giudizio vengono compensate tra le parti. Questa massima giuridica si fonda sui seguenti elementi: 1. Il ricorso amministrativo perde la sua ragion d'essere e diviene improcedibile quando viene meno l'interesse della parte ricorrente all'annullamento dell'atto impugnato. Ciò si verifica quando il provvedimento richiesto, che costituiva l'oggetto del contendere, viene adottato dall'amministrazione. 2. Il venir meno dell'interesse della parte ricorrente comporta la compensazione delle spese di giudizio tra le parti, in applicazione del principio di soccombenza virtuale. Infatti, non essendoci più una parte effettivamente soccombente, non vi è ragione di porre le spese a carico di una sola parte. 3. La sentenza che dichiara l'improcedibilità del ricorso per sopravvenuto difetto di interesse ordina l'esecuzione del provvedimento da parte dell'autorità amministrativa, dando così attuazione alla volontà della parte ricorrente di ottenere il provvedimento richiesto. Questa massima giuridica, formulata in modo chiaro, astratto e conciso, utilizzando un linguaggio tecnico-giuridico appropriato, esprime il principio di diritto fondamentale enucleato dalla sentenza e può essere applicata a casi analoghi in cui si verifichi il venir meno dell'interesse del ricorrente a seguito dell'adozione del provvedimento richiesto.