Il principio di diritto fondamentale che emerge dalla sentenza è il seguente: La clausola statutaria che, in deroga agli artt. 2287 e 2288 c.c., esclude la possibilità di deliberare l'esclusione del socio, deve essere interpretata secondo il suo tenore letterale e la comune intenzione delle parti, senza che il giudice possa disattenderla sulla base di una valutazione di merito degli addebiti posti a fondamento dell'esclusione. Pertanto, la delibera di esclusione di un socio adottata in violazione di tale clausola statutaria deve essere annullata, a prescindere dalla fondatezza degli addebiti contestati, in quanto la volontà delle parti, come espressa nello statuto, prevale sulle norme codicistiche in materia di esclusione del socio. Il socio conserva quindi il proprio interesse ad impugnare la delibera di esclusione, anche qualora la sua titolarità sulle quote sociali sia oggetto di contestazione in un diverso giudizio, in assenza di un giudicato che ne abbia definitivamente accertato la mancanza. Inoltre, l'onere di produrre lo statuto sociale incombe sulla società, non potendo il giudice desumerne il contenuto da fonti diverse, e la mancata produzione dello stesso determina l'impossibilità di esaminarne il contenuto ai fini della decisione.