Il pubblico ufficiale che, nell'esercizio delle sue funzioni, pur perseguendo finalità pubblicistiche, commette irregolarità procedimentali nell'ambito di una selezione pubblica, non integra il reato di abuso d'ufficio qualora non sia dimostrata l'intenzionalità del suo agire volta a procurare un ingiusto vantaggio o a cagionare un ingiusto danno. Infatti, l'elemento soggettivo del dolo intenzionale richiesto per il delitto di abuso d'ufficio non è escluso dalla compresenza di una finalità pubblicistica nella condotta del pubblico ufficiale, ma deve ritenersi insussistente ove il perseguimento del pubblico interesse costituisca l'obiettivo principale dell'agente, con conseguente degradazione del dolo di danno o di vantaggio da dolo di tipo intenzionale a mero dolo diretto od eventuale. Pertanto, eventuali errori o irregolarità procedimentali commessi dai componenti di una commissione esaminatrice nell'ambito di una selezione pubblica, come l'attribuzione di punteggi erronei, la sostituzione di prove previste dal bando o la formazione di graduatorie non conformi, non integrano il reato di abuso d'ufficio qualora non sia dimostrata la finalità di procurare un ingiusto vantaggio o di cagionare un ingiusto danno, essendo sufficiente che tali condotte siano riconducibili al perseguimento del pubblico interesse, seppur in modo non corretto dal punto di vista procedurale.