Cassazione penale Sez. I sentenza n. 14880 del 13 maggio 2020

ECLI:IT:CASS:2020:14880PEN

Massima

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Il giudice dell'esecuzione, nel determinare la pena detentiva da eseguire, deve scomputare il periodo di pena già espiato per un reato diverso, sempre che tale espiazione sia avvenuta dopo la commissione del reato per il quale deve essere determinata la pena da eseguire. Ciò al fine di evitare che il condannato, che abbia già espiato la relativa sanzione, possa fruire di "crediti di pena" che potrebbero indurlo a commettere nuovi fatti criminosi nella consapevolezza dell'assenza di conseguenze sanzionatorie. Pertanto, ai fini della determinazione del quantum di pena fungibile, il giudice dell'esecuzione deve accertare rigorosamente e rendere esplicito, con adeguata motivazione, il momento di commissione del reato per il quale è stato emesso ordine di esecuzione, e non la data di accertamento del medesimo. Qualora il tempus commissi delicti non sia stato oggetto di specifico accertamento da parte del giudice della cognizione, il giudice dell'esecuzione è tenuto a prendere conoscenza del contenuto della sentenza e, occorrendo, degli atti del procedimento, per ricavarne tutti gli elementi da cui sia possibile desumere l'effettiva data del reato, ove essa sia rilevante ai fini della decisione che gli è demandata. In particolare, in caso di contestazione effettuata nella forma "aperta" (ovvero senza indicazione della data di cessazione della condotta illecita), qualora in sede esecutiva debba farsi dipendere un qualsiasi effetto giuridico dalla data di cessazione della permanenza, spetta al giudice dell'esecuzione verificare in concreto se il giudice della cognizione abbia, o non, ritenuto provato il protrarsi della condotta criminosa fino alla data della sentenza di primo grado. Ove tale accertamento sia stato compiuto in sede di cognizione, il giudice dell'esecuzione non può pervenire a una difforme determinazione sul punto. Conseguentemente, la disciplina della fungibilità della pena ai sensi dell'art. 657, comma 4, c.p.p. non può trovare applicazione nel caso in cui il reato per il quale è stata espiata la pena sia stato commesso successivamente rispetto alla cessazione della permanenza del reato per il quale è stata emessa la nuova condanna, in quanto in tale ipotesi l'espiazione della pena è avvenuta prima della commissione del reato per il quale deve essere determinata la pena da eseguire.

Sentenza completa

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI TOMASSI ((omissis)) - Presidente

Dott. BIANCHI Michele - Consigliere

Dott. TALERICO Palma - Consigliere

Dott. MINCHELLA Antonio - Consigliere

Dott. RENOLDI Carlo - rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato ad (OMISSIS);
avverso l'ordinanza della Corte di appello di Napoli in data 5/11/2019;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. ((omissis));
letta la requisitoria del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dr. ((omissis)), che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza in data 15/3/2013, la Corte di appello di Napoli aveva condannato (OMISSIS…

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