Il Consiglio di Stato, in materia di espropriazione per pubblica utilità, afferma che la giurisdizione del giudice amministrativo sussiste non solo sugli atti e provvedimenti espressamente riconducibili all'esercizio del potere espropriativo, ma anche sugli accordi e comportamenti delle pubbliche amministrazioni che, anche mediatamente, siano ricollegabili a tale esercizio. Pertanto, rientrano nella giurisdizione del giudice amministrativo le controversie relative al silenzio serbato dall'amministrazione sulla richiesta di definire con provvedimento espresso il procedimento espropriativo in corso, ovvero di restituire il bene, nonché sulla richiesta di formulare una proposta transattiva per il ritardo nel pagamento dell'indennità di esproprio pattuita in un precedente accordo. Ciò in quanto tali controversie attengono ad atti, provvedimenti, accordi e comportamenti riconducibili, anche indirettamente, all'esercizio del potere espropriativo, ferma restando la giurisdizione del giudice ordinario per le sole questioni relative alla determinazione e corresponsione dell'indennità. Inoltre, il Consiglio di Stato chiarisce che l'accordo bonario sull'indennità di esproprio, pur presupponendo la successiva adozione dell'atto traslativo della proprietà, costituisce una fattispecie distinta dalla cessione volontaria delle aree, la quale produce effetti traslativi immediati. Pertanto, il mancato rispetto del termine essenziale per il pagamento dell'indennità pattuita nell'accordo bonario non determina automaticamente la risoluzione di tale accordo, ma legittima la richiesta di definizione del procedimento espropriativo con un provvedimento espresso, rientrante nella giurisdizione del giudice amministrativo.