Il Comune, nell'esercizio dei propri poteri amministrativi, non può escludere arbitrariamente un soggetto dal piano di delocalizzazione e assegnazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica, qualora questi dimostri di possedere i requisiti reddituali e di legittima aspettativa maturata in ragione della prolungata occupazione dell'immobile, autorizzata e tollerata dall'Amministrazione per oltre trent'anni, senza aver mai adottato provvedimenti di rilascio. Il principio di buona fede e di tutela dell'affidamento legittimamente ingenerato nell'occupante impongono all'Amministrazione di valutare la sua posizione in modo non discriminatorio e di inserirlo nel piano di delocalizzazione, assegnandogli un alloggio alternativo. Ciò anche in considerazione del fatto che l'occupazione dell'immobile è stata determinata da una situazione di emergenza abitativa conseguente agli eventi sismici del 1980, rispetto alla quale il Comune aveva provveduto al temporaneo collocamento del nucleo familiare. L'Amministrazione non può pertanto esimersi dal garantire una soluzione abitativa alternativa, in attuazione dei principi costituzionali di solidarietà sociale e di tutela della dignità della persona umana.