Il reato di resistenza a pubblico ufficiale sussiste quando l'imputato, nonostante il suo stato di ebbrezza, oppone attiva e violenta resistenza all'intervento legittimo di agenti di polizia finalizzato alla tutela della pubblica e privata incolumità, attraverso atti di violenza e gravi minacce, senza che gli stessi pubblici ufficiali abbiano ecceduto i limiti delle proprie attribuzioni. L'ubriachezza, salvo che non sia riconducibile a caso fortuito o forza maggiore, non esclude il dolo del reato, in quanto la presunzione di imputabilità prevista dall'art. 92 c.p. può essere ricondotta allo schema dell'actio libera in causa, e la concreta condotta tenuta dall'imputato al momento dei fatti depone per la chiara volontà di opporsi ai pubblici ufficiali, nonostante la perturbazione psichica e la riduzione del senso critico determinati dall'assunzione di alcool. Inoltre, la mera genericità della censura relativa all'esimente della reazione ad atti arbitrari dei pubblici ufficiali non è sufficiente a far ritenere che le modalità d'intervento di costoro abbiano travalicato, in relazione alla situazione concreta venutasi a determinare, i limiti delle loro attribuzioni.