Il comportamento di costringere il coniuge separato a cambiare la propria abitazione e utenza telefonica, impedirgli di uscire la sera senza utilizzare l'autovettura, pedinarlo, avvicinarlo continuamente in luoghi pubblici e insultarlo, nonché invadere con la propria autovettura la corsia di marcia percorsa dalla vittima con una bicicletta, costringendola a rifugiarsi sul marciapiede, integra il reato di violenza privata. Tali condotte, reiterate nel tempo, configurano un reato continuato, la cui punibilità è tuttavia esclusa per intervenuta prescrizione, fermo restando il diritto della vittima al risarcimento del danno. La motivazione della sentenza di condanna è adeguata, in quanto valorizza la linearità e attendibilità delle dichiarazioni della persona offesa, prive di ragioni di astio verso l'imputato, nonché gli elementi di riscontro oggettivi, quali i tabulati telefonici e la testimonianza di chi era stata informata tempestivamente di uno degli episodi di violenza. Le eventuali contraddizioni nelle dichiarazioni della vittima o il contrasto con la deposizione di un familiare non inficiano necessariamente la credibilità della stessa, ove siano presenti altri elementi di conferma.