Il principio di diritto fondamentale che emerge dalla sentenza è il seguente: La pericolosità sociale di un soggetto ai sensi del D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 1, lett. b) (vivere abitualmente, in tutto o in parte, con i proventi di attività delittuose) può essere desunta da una pluralità di elementi fattuali convergenti, quali: il ruolo di spicco svolto nell'ambito di importanti traffici di stupefacenti, la disponibilità di ingenti somme di denaro non giustificate da redditi leciti, l'assidua frequentazione di pregiudicati anche per reati di mafia, l'assenza di condotte dissociative o di segno diverso rispetto a quelle accertate. Tali elementi, adeguatamente motivati dal giudice, sono idonei a fondare una prognosi di pericolosità sociale attuale, senza che sia necessaria la dimostrazione della reiterazione di condotte delittuose. Analogamente, la sproporzione tra il tenore di vita e i redditi leciti accertati, nonché l'impossibilità di giustificare l'origine lecita di beni e disponibilità patrimoniali, possono legittimare l'applicazione della misura di prevenzione patrimoniale della confisca, senza che sia necessario un puntuale riscontro della correlazione tra singole condotte illecite e specifiche acquisizioni patrimoniali. Il sindacato di legittimità sulla motivazione di tali provvedimenti è limitato alla verifica dell'esistenza di una motivazione non meramente apparente o inesistente, essendo preclusa la censura dell'illogicità manifesta.