Cassazione penale Sez. V sentenza n. 20494 del 24 maggio 2002

ECLI:IT:CASS:2002:20494PEN

Massima

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Il falso ideologico commesso da un pubblico ufficiale nell'attestare fatti non corrispondenti al vero integra il reato di falso, anche quando l'attestazione sia stata effettuata su istigazione di un terzo, essendo irrilevante ai fini della responsabilità penale la circostanza che il pubblico ufficiale abbia agito su sollecitazione altrui. Infatti, il pubblico ufficiale ha l'obbligo di rifiutare di compiere atti contrari ai propri doveri d'ufficio, anche quando ciò gli venga richiesto da terzi, e la sua condotta non può essere giustificata dalla mera esecuzione di ordini o istruzioni ricevuti. Pertanto, il pubblico ufficiale che attesti falsamente di aver personalmente constatato una determinata situazione di fatto, su istigazione di un terzo, risponde comunque del reato di falso ideologico, in quanto è tenuto a verificare la veridicità di quanto attesta e non può limitarsi a recepire acriticamente le indicazioni di altri. La responsabilità penale dell'istigatore, inoltre, non esclude quella del pubblico ufficiale che abbia materialmente compiuto l'atto falso, essendo entrambi concorrenti nel medesimo reato. Infine, la credibilità della versione dei fatti fornita dalla persona offesa, adeguatamente motivata dal giudice di merito, non può essere sindacata in sede di legittimità, trattandosi di valutazione di fatto sottratta al controllo di legittimità.

Sentenza completa

La impugnata sentenza ricostruisce i fatti oggetto della imputazione come segue: D. T., vigile urbano del Comune di Milano, si era vista notificare un verbale di infrazione per aver parcheggiato la sua autovettura su strisce pedonali. Asserendo che il fatto non era vero, aveva presentato ricorso. Aveva anche controllato il verbale nel competente ufficio ed aveva così riscontrato che la firma era del collega N. O., che aveva indicato anche il suo numero di matricola, ma il testo era di altro collega, R. L., già suo fidanzato, i rapporti con il quale si erano interrotti con risentimento anche perché vi erano in sospeso questioni di denaro da restituire.
Secondo i giudici di merito è pacifico che il N. non aveva contestato la infrazione stradale: il R. gli aveva detto di averla verificata lui, ma aveva chiesto al N. di sottoscrivere il verbale perché la proprietaria del veicolo in sosta vietata era una portinaia sua conoscente e non voleva apparire lui.
La Corte d'Appello n…

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