Cassazione penale Sez. V sentenza n. 13157 del 8 aprile 2002

ECLI:IT:CASS:2002:13157PEN

Massima

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Il reato di diffamazione a mezzo stampa è configurabile anche in caso di errore incolpevole nell'attribuzione di fatti lesivi della reputazione altrui, qualora il giornalista non abbia adeguatamente verificato la fondatezza delle notizie prima della pubblicazione. Il direttore responsabile del giornale è penalmente responsabile, a titolo di colpa, per l'omesso esercizio del necessario controllo sulla correttezza delle informazioni diffuse, a prescindere dalla sussistenza del dolo del reato di diffamazione da parte dell'autore dell'articolo. La diffamazione mediante attribuzione di un fatto penalmente rilevante, come la tentata concussione, è qualitativamente più grave rispetto alla mera imposizione di un professionista, incidendo in modo più significativo sul diritto all'onore e alla reputazione della persona offesa. Pertanto, il giudice di legittimità, nel confermare la condanna in appello, ha ritenuto inammissibili i ricorsi dei condannati, in quanto le censure mosse si risolvevano in meri rilievi di merito, già disattesi dalla Corte di appello sulla base di una motivazione adeguata e immune da vizi logici.

Sentenza completa

Con la sentenza sopra menzionata veniva confermata quella di primo grado, con cui B. M. e B. S. erano stati condannati il primo per diffamazione a mezzo stampa di S. S. -cui attribuiva falsamente la qualità di persona accusata dall'autorità giudiziaria di aver percepito "tangenti" da parte dell'impresa SAIT- e il secondo per omesso esercizio del necessario controllo in qualità di direttore responsabile del giornale.
Il primo ricorre deducendo la violazione ed errata applicazione dell'art. 59 c.p. con riferimento alla scriminante dell'esercizio putativo del diritto di cronaca,l'inconfigurabilità del reato di diffamazione e il vizio di motivazione: la congerie di personaggi ed episodi, dati e circostanze fattuali erano tali da causare una involontaria percezione difettosa della realtà e, quindi, un incolpevole errore, su cui v'è mancanza di motivazione.
Il secondo ricorre prospettando tre motivi di nullità: 1) manifesta illogicità della m…

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