Cassazione penale Sez. I sentenza n. 12037 del 22 marzo 2023

ECLI:IT:CASS:2023:12037PEN

Massima

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La Corte di Cassazione, in relazione al reato di associazione a delinquere finalizzata al favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, ha affermato i seguenti principi di diritto: 1. L'esistenza di un'associazione a delinquere finalizzata al favoreggiamento dell'immigrazione illegale può essere desunta da un corposo compendio probatorio, quale il complesso delle conversazioni telefoniche intercettate che evidenziano l'esistenza di una fitta rete di contatti tra i coimputati, i soggetti immigrati illegalmente e i loro parenti, finalizzata all'agevolazione della fuga dai centri di accoglienza, all'offerta di vitto e alloggio, all'acquisto di titoli di viaggio, alla ricezione di pagamenti e al trasporto dei migranti verso altre destinazioni. Tali elementi dimostrano l'esistenza di una stabile struttura organizzativa in grado di procurare, dietro corrispettivo, servizi finalizzati a favorire l'illecito ingresso dei migranti in altri Stati o la loro illecita permanenza in Italia. 2. Il ruolo di promotrice o organizzatrice dell'associazione svolto da uno degli imputati può essere desunto da una serie di condotte, quali la destinazione della propria abitazione all'ospitalità dei migranti, il dirottamento di questi verso altri luoghi dopo i controlli di polizia, l'acquisto di biglietti, la ricezione di pagamenti dai migranti e la ripartizione dei proventi tra gli associati, nonché l'attività di coordinamento e di riferimento per i migranti e i loro parenti. 3. L'esimente dello stato di necessità prevista dal D.Lgs. n. 286/1998, art. 12, comma 2, non è applicabile a chi, offrendo al migrante servizi volti a procurarne l'espatrio o la permanenza illegali, lo induce a sottrarsi a una situazione di presa in carico istituzionale, esponendolo a una condizione di bisogno determinata dalla propria iniziativa. 4. Ai fini della configurabilità del reato di cui al D.Lgs. n. 286/1998, art. 12, comma 5, che punisce le condotte di favoreggiamento della permanenza nel territorio dello Stato al fine di trarre un ingiusto profitto, è necessario che il profitto conseguito dall'agente sia effettivamente ingiusto, non essendo sufficiente il mero fine di profitto. Pertanto, qualora l'agente eroghi una prestazione per la quale venga corrisposta una utilità proporzionata al suo valore economico, non è possibile configurare il requisito dell'ingiustizia del profitto.

Sentenza completa

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROCCHI Giacomo - Presidente

Dott. MANCUSO L.F.A. - Consigliere

Dott. DI GIURO Gaetano - Consigliere

Dott. TOSCANI Eva - Consigliere

Dott. RONOLDI Carlo - rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nata in (OMISSIS);
(OMISSIS), nato in (OMISSIS);
(OMISSIS), nato in (OMISSIS);
avverso la sentenza della Corte di assise di appello di Catania in data 11/11/2021;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Carlo Renoldi;
letta la requisitoria scritta presentata ai sensi del Decreto Legge 28 ottobre 2020, n. 137, articolo 23, comma 8, con cui il Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Stefano Tocci, ha conc…

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