Il giudice, nell'esercizio della propria funzione giurisdizionale, è tenuto a correggere gli errori materiali eventualmente contenuti nel dispositivo della sentenza, al fine di assicurare la correttezza formale e sostanziale del provvedimento giurisdizionale. L'articolo 130 del codice di procedura penale attribuisce al giudice il potere-dovere di procedere alla correzione di tali errori, anche d'ufficio, al fine di garantire l'integrità e la conformità del provvedimento alla volontà espressa in sede decisoria. Tale potere-dovere di correzione si estende a qualsiasi tipo di errore materiale, sia esso di trascrizione, di calcolo o di mera svista, che non incida sulla sostanza della decisione, ma solo sulla sua formulazione formale. La correzione dell'errore materiale, pertanto, non costituisce una modifica o una integrazione del provvedimento, bensì il mero adeguamento del testo scritto alla volontà effettivamente espressa dal giudice, al fine di assicurare la piena corrispondenza tra il contenuto della decisione e la sua rappresentazione formale. Il potere-dovere di correzione dell'errore materiale, inoltre, non è soggetto a limiti temporali, potendo essere esercitato in qualsiasi momento, anche successivamente al passaggio in giudicato della sentenza, al fine di garantire la piena integrità e correttezza del provvedimento giurisdizionale.