Il giudice di legittimità, in materia di applicazione di misure di prevenzione personali e patrimoniali nei confronti di soggetti ritenuti pericolosi socialmente in ragione della loro appartenenza ad associazioni di tipo mafioso, può desumere l'attualità della pericolosità sociale anche dalla perdurante operatività del sodalizio criminale di riferimento, dal ruolo apicale ricoperto dal proposto all'interno del clan e dall'assenza di elementi idonei a dimostrare il suo recesso dall'associazione, senza che sia necessaria una particolare motivazione in tal senso, una volta che l'appartenenza risulti adeguatamente dimostrata. Ai fini della confisca dei beni, il giudice può ritenere integrato il requisito della sproporzione tra il valore dei beni posseduti e i redditi dichiarati, in assenza di fonti lecite di provenienza delle risorse patrimoniali accumulate, senza che siano necessarie specifiche argomentazioni in ordine alle deduzioni difensive circa la capacità di risparmio derivante da attività lavorative lecite, trattandosi di censure in fatto inammissibili in sede di legittimità.