Il giudice dell'esecuzione, nel valutare la richiesta di sequestro preventivo e confisca di beni ai sensi dell'art. 12-sexies del d.l. n. 306/1992, conv. in l. n. 356/1992, a carico di un soggetto condannato con sentenza irrevocabile per il reato di associazione di tipo mafioso, deve verificare la sussistenza dei presupposti di legge, considerando non solo l'entità del patrimonio accertato, ma anche la sua congruità rispetto ai redditi dichiarati e alle attività svolte dal condannato e dai suoi familiari. L'esclusione della presunzione di illecita accumulazione non può fondarsi sulla mera "irrisorietà" del patrimonio, ma richiede un'adeguata motivazione che dia conto dell'origine lecita dei beni. Il giudice dell'esecuzione è tenuto a pronunciarsi sia sulla richiesta di sequestro preventivo che su quella di confisca, senza limitarsi a una sola di esse. Il provvedimento del giudice dell'esecuzione in materia di confisca è impugnabile con l'opposizione ai sensi dell'art. 667, comma 4, c.p.p., richiamato dall'art. 676, comma 1, c.p.p., e non con il ricorso per cassazione immediato previsto dall'art. 569 c.p.p. solo per le sentenze.