Cassazione penale Sez. V sentenza n. 25767 del 16 giugno 2014

ECLI:IT:CASS:2014:25767PEN

Massima

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La provocazione costituisce una causa di non punibilità del reato di diffamazione quando il fatto ingiusto della persona offesa, precedente alla condotta contestata, sia tale da integrare la violazione di quelle regole di comune convivenza che rappresentano la dimensione minima del fatto ingiusto rilevante ai fini del riconoscimento della scriminante, purché sussista un rapporto di immediatezza temporale tra il fatto ingiusto e la reazione dell'imputato, il cui contenuto diffamatorio sia riconducibile allo stato di ira indotto dalla condotta della persona offesa. Il giudice di merito è tenuto a motivare adeguatamente la sussistenza di tali presupposti, senza che possano essere censurate le valutazioni relative alla natura e ai caratteri del fatto ingiusto, nonché al nesso di causalità e di immediatezza tra quest'ultimo e la reazione dell'imputato, purché sorrette da argomentazioni logiche e coerenti.

Sentenza completa

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DUBOLINO Pietro - Presidente

Dott. DE BERARDINIS Silvana - Consigliere

Dott. LAPALORCIA Grazia - Consigliere

Dott. ZAZA Carlo - rel. Consigliere

Dott. DE MARZO Giuseppe - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

1. (OMISSIS), nato a (OMISSIS) quale parte civile;

nel procedimento nei confronti di:

2. (OMISSIS), nato a (OMISSIS);

avverso la sentenza dell'08/02/2013 della Corte d'Appello di Brescia;

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. ZAZA Carlo;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. IZZO Gioacchino, che ha concluso per il rigetto del r…

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