Il diniego del titolo abilitativo alla guida per insussistenza dei requisiti morali di cui all'art. 120, comma 1, del D.Lgs. n. 285/1992 configura una controversia relativa a diritti soggettivi perfetti, la cui giurisdizione appartiene al giudice ordinario e non al giudice amministrativo. L'accertamento della mancanza dei requisiti morali previsti dalla legge per il rilascio della patente di guida non comporta l'esercizio di alcuna potestà discrezionale da parte dell'amministrazione, ma si risolve in una valutazione vincolata, posta nell'esclusivo interesse del privato. Pertanto, la contestazione di tali provvedimenti, basati su condanne penali definitive per reati in materia di stupefacenti, non rientra nella giurisdizione del giudice amministrativo, bensì in quella del giudice ordinario, dinanzi al quale il processo potrà essere riassunto dalla parte interessata nel termine di legge. La natura vincolata dell'accertamento e la configurazione della posizione giuridica del privato in termini di diritto soggettivo perfetto, escludono la sussistenza di una posizione di interesse legittimo tutelabile in sede di giurisdizione amministrativa.