Cassazione penale Sez. V sentenza n. 2029 del 17 gennaio 2003

ECLI:IT:CASS:2003:2029PEN

Massima

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Il documento proveniente da un pubblico ufficiale che riproduce attestazioni già documentate, ma riveste una propria distinta ed autonoma efficacia giuridica, non può essere qualificato come certificato amministrativo, bensì come atto pubblico, in quanto produce effetti giuridici nuovi e non si limita a recepire un "opus" altrui. Ciò in quanto la natura costitutiva o dichiarativa degli effetti giuridici dell'atto, e non la preesistenza di tali effetti, è il criterio distintivo tra atto pubblico e certificato amministrativo. Pertanto, la qualificazione dell'atto come certificato, pur in presenza di un giudicato penale di proscioglimento, non preclude alla parte civile di chiedere una diversa valutazione in ordine alla sussistenza dei fatti, alla loro esatta qualificazione giuridica e alla responsabilità del prevenuto, al solo fine dell'esercizio dell'azione risarcitoria, nel rispetto dell'intangibilità del giudicato penale.

Sentenza completa

B. G. e G. M. vennero tratti a giudizio per rispondere di truffa ai danni della Regione Emilia Romagna e di falso ideologico in atto pubblico.
Erano accusati di avere simulato lo svolgimento di corsi imprenditoriali fruenti di finanziamento pubblico e di avere, attraverso l'esibizione della relativa falsa documentazione, indotto in errore il funzionario regionale incaricato della verifica contabile propedeutica alla erogazione del contributo.
Con sentenza 3 giugno 1996 il Tribunale di Forlì dichiarò il non luogo a procedere in ordine ai reati di truffa (capi A e C) perché, con la concessione di attenuanti generiche equivalenti, estinti, per prescrizione, mentre ritenne gli imputati colpevoli dei reati ex artt. 48 e 479 c.p. (capi B e D), condannandoli anche al risarcimento dei danni verso la parte civile, da liquidarsi in separata sede.
Sul gravame degli interessati, con sentenza 7 marzo 2002 la corte bolognese, modificata l'imputazione ex art. 479 c.p. in quella…

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