Il principio di diritto fondamentale che emerge dalla sentenza è il seguente: L'amministrazione può legittimamente esercitare il potere di annullamento in autotutela di atti amministrativi precedenti, anche a distanza di molti anni dalla loro adozione, qualora sussistano i presupposti di cui all'art. 21-nonies della L. 241/1990, in particolare: 1) quando l'atto da annullare risulti affetto da vizi di incompetenza o eccesso di potere, come nel caso in cui il soggetto delegato (RUP) abbia disatteso le valutazioni tecniche espresse dall'organo consultivo (Comitato tecnico-scientifico) previsto dalla normativa speciale, adottando scelte unilaterali e non adeguatamente motivate in contrasto con le risultanze istruttorie; 2) quando non sia maturato in capo al privato un affidamento qualificato sulla stabilità dell'atto, in ragione di circostanze sopravvenute che ne abbiano compromesso la concreta possibilità di realizzazione, come nel caso di vicende societarie, penali e antimafia che abbiano interessato il concessionario; 3) quando l'esercizio dell'autotutela avvenga entro un "termine ragionevole", da valutarsi in concreto in relazione alla natura dell'atto e alle circostanze del caso, senza che sia necessario il rispetto di un termine predeterminato per legge. L'annullamento in autotutela non determina l'obbligo di corrispondere indennizzi al privato, salvo che l'amministrazione non abbia operato una nuova valutazione dell'interesse pubblico originario, tale da configurare una revoca ai sensi dell'art. 21-quinquies della L. 241/1990.