Il reato di truffa militare, di cui all'art. 234 c.p.m.p., richiede necessariamente, al pari del reato di truffa comune di cui all'art. 640 c.p., la sussistenza di un danno patrimoniale ed economico in capo alla pubblica amministrazione, non essendo sufficiente il mero pregiudizio delle finalità pubbliche perseguite. Il danno deve consistere in una lesione concreta e non meramente potenziale, che abbia l'effetto di produrre, mediante la cooperazione artificiosa della vittima indotta in errore, la perdita definitiva del bene da parte della stessa amministrazione. Non è pertanto sufficiente il mero lucro cessante derivante dalla mancata possibilità di riassegnare l'alloggio ad altro militare, né il sacrificio dell'interesse alla pronta ed ottimale operatività del soggetto posto alle dipendenze dell'amministrazione, essendo tali elementi non riconducibili alla nozione di danno patrimoniale ed economico richiesta dalla fattispecie. Ai fini della configurabilità del reato, è necessario che l'azione fraudolenta dell'agente abbia cagionato un effettivo depauperamento patrimoniale in capo all'amministrazione militare.