Il provvedimento di annullamento di un'autorizzazione paesaggistica adottato dalla Soprintendenza è legittimo quando la motivazione del provvedimento comunale che ha rilasciato l'autorizzazione risulta contraddittoria, illogica e carente, in quanto afferma che l'intervento edilizio di ristrutturazione e sopraelevazione di un immobile in un centro storico di notevole interesse paesaggistico è di "limitata estensione" e "non contrasta con la natura dei luoghi e i valori tutelati", nonostante emerga che l'intervento prevede in realtà il raddoppio quasi totale dell'edificio in altezza e volume, comportando un medio grado di percettibilità e incidenza sull'ambiente tutelato. In tali casi, la Soprintendenza può legittimamente esercitare il potere di annullamento dell'autorizzazione comunale per violazione dell'obbligo di motivazione di cui all'art. 3 della legge n. 241/1990, in quanto la motivazione del provvedimento comunale risulta contraddittoria ed illogica rispetto agli elementi di fatto accertati, senza che ciò integri una indebita valutazione di merito da parte dell'autorità statale. Inoltre, la richiesta da parte della Soprintendenza di documentazione integrativa, come una corografia, uno stralcio del piano paesaggistico e documentazione fotografica, non costituisce una richiesta di documenti non essenziali, rientrando tali elementi nell'ambito dell'esercizio di una valutazione discrezionale dell'amministrazione ai fini di una più completa verifica del provvedimento, senza che ciò comporti una sospensione o proroga del termine di 60 giorni per l'esercizio del potere di annullamento.