Il danno non patrimoniale derivante da diffamazione a mezzo stampa deve essere liquidato dal giudice di merito in via equitativa, tenendo conto di tutti gli elementi rilevanti ai fini della determinazione del quantum, quali: la gravità della condotta diffamatoria, l'intensità dell'elemento psicologico, il mezzo di comunicazione utilizzato e la sua diffusività, il rilievo attribuito alla notizia diffamatoria all'interno della pubblicazione, lo spazio occupato dalla stessa, le conseguenze sulla vita personale e professionale del danneggiato, il suo ruolo istituzionale, la capacità della notizia di incidere sulla formazione dell'opinione pubblica. Tali criteri, pur se liberamente adottati dal giudice di merito, devono essere concretamente applicati nella motivazione, senza che la liquidazione possa risultare manifestamente incongrua, contraddittoria o macroscopicamente contraria a dati di comune esperienza. In particolare, qualora il giudice di merito faccia riferimento alle tabelle di liquidazione elaborate dal Tribunale di Milano, egli è tenuto a verificare la sussistenza in concreto degli elementi che, secondo tali tabelle, consentono di ricondurre il fatto diffamatorio nell'ambito di quelli di "tenue gravità", senza poter omettere tale verifica o pervenire a una liquidazione in palese contrasto con i parametri da esso stesso prescelti.