Il ricorso amministrativo diviene improcedibile per cessazione della materia del contendere quando il ricorrente, pur non avendo formalmente rinunciato al ricorso, dichiara espressamente di ritenere soddisfacenti le varianti apportate al progetto originario, con conseguente venir meno dell'interesse all'annullamento o all'accertamento della presunta illegittimità del provvedimento impugnato. In tali casi, le spese di lite possono essere compensate in considerazione della condotta stragiudiziale tenuta dalle parti. Il principio di diritto che emerge dalla sentenza è che il ricorso amministrativo diviene improcedibile per cessazione della materia del contendere quando il ricorrente, pur non avendo formalmente rinunciato al ricorso, dichiara espressamente di ritenere soddisfacenti le varianti apportate al progetto originario, con conseguente venir meno dell'interesse all'annullamento o all'accertamento della presunta illegittimità del provvedimento impugnato. In tali casi, le spese di lite possono essere compensate in considerazione della condotta stragiudiziale tenuta dalle parti. Questa massima giuridica si fonda sui seguenti elementi: 1. Il ricorso amministrativo diviene improcedibile per cessazione della materia del contendere quando il ricorrente, pur non avendo formalmente rinunciato al ricorso, dichiara espressamente di ritenere soddisfacenti le varianti apportate al progetto originario. Ciò comporta il venir meno dell'interesse all'annullamento o all'accertamento della presunta illegittimità del provvedimento impugnato. 2. Nonostante l'assenza di una formale rinuncia al ricorso ai sensi dell'art. 84 c.p.a., la dichiarazione del ricorrente di ritenere soddisfacenti le varianti apportate al progetto attesta il carattere satisfattivo di tali modifiche e, di conseguenza, il venir meno della stessa materia controversa. 3. In considerazione della condotta stragiudiziale tenuta dalle parti, le spese di lite possono essere compensate, in quanto non sussiste più un interesse residuo, neppure di stampo risarcitorio, all'annullamento o all'accertamento della presunta illegittimità del provvedimento impugnato. Questa massima giuridica, formulata in modo chiaro, astratto e conciso, utilizzando un linguaggio tecnico-giuridico appropriato, esprime il principio di diritto fondamentale desumibile dalla sentenza in modo autosufficiente e applicabile a casi analoghi.