Il pubblico ufficiale che, in violazione dei doveri di ufficio, rivela notizie riservate di cui sia venuto a conoscenza per ragioni del suo ufficio, commette il reato di violazione di segreto d'ufficio di cui all'art. 326 c.p., a prescindere dall'effettivo pregiudizio arrecato alla pubblica amministrazione, essendo sufficiente il pericolo concreto di compromissione del regolare funzionamento della stessa. Tale condotta, se posta in essere con l'intento di favorire esponenti della criminalità organizzata, integra altresì il reato di favoreggiamento personale aggravato ai sensi dell'art. 378 c.p. e dell'art. 7 della L. 203/1992. In tali casi, la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza e di esigenze cautelari, quali il pericolo di inquinamento probatorio e di reiterazione del reato, legittima l'adozione della misura cautelare interdittiva della sospensione dal pubblico ufficio, ai sensi degli artt. 289 e 308 c.p.p., anche qualora il pubblico ufficiale abbia agito al solo scopo di salvare da possibili pregiudizi il proprio convivente e collega di lavoro, anch'egli indagato.