Cassazione penale Sez. V sentenza n. 29185 del 12 luglio 2016

ECLI:IT:CASS:2016:29185PEN

Massima

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Il testimone che, nel corso di un procedimento giudiziario, riferisce fatti lesivi dell'onore di un terzo, restando nei limiti della verità e dello scopo, non commette il reato di ingiuria o diffamazione, in quanto la sua condotta è scriminata ai sensi dell'art. 51 c.p., essendo egli tenuto per legge a dire tutta la verità e nient'altro che la verità. La valutazione della sussistenza di tale scriminante deve essere effettuata in concreto, avendo riguardo alle circostanze del caso, alla finalità perseguita dal testimone e all'assenza di intenti diffamatori o ingiuriosi. Pertanto, la mera enunciazione di fatti, anche potenzialmente lesivi dell'altrui reputazione, non integra di per sé gli estremi del reato di ingiuria o diffamazione, qualora il testimone abbia agito nell'adempimento del dovere di dire la verità, senza eccedere rispetto a tale finalità.

Sentenza completa

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUNO ((omissis)) - Presidente

Dott. CATENA Rossella - Consigliere

Dott. MICCOLI Grazia - Consigliere

Dott. SETTEMBRE Antonio - Consigliere

Dott. AMATORE Roberto - rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato in (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 9/2014 del Tribunale di Lecco del 3.11.2014;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. ((omissis));
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. ((omissis)) che ha concluso per l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata;
udito, per la parte civile, l'Avv. (OMISSIS) che ha concluso chiedendo la conferma della sentenza di s…

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