Il vincolo idrogeologico di cui al r.d. 3267/1923 non comporta un'aprioristica negazione della legittimità di qualsiasi intervento sul territorio, ma impone all'amministrazione di motivare in modo esaustivo circa la concreta incompatibilità del progetto sottoposto all'esame, indicando le specifiche ragioni per le quali le opere edilizie considerate non si ritengono adeguate alle caratteristiche ambientali protette. Tale motivazione deve essere ancor più pregnante nel caso in cui si operi nell'ambito di un vincolo generalizzato, onde evitare una generica insanabilità delle opere. Pertanto, l'amministrazione è tenuta a valutare concretamente l'incidenza delle opere oggetto di sanatoria sull'area tutelata dal vincolo idrogeologico, senza limitarsi ad una aprioristica negazione della legittimità di qualsiasi intervento, ma motivando in modo esaustivo circa la specifica incompatibilità delle opere con le caratteristiche ambientali protette. In particolare, l'amministrazione deve accertare se gli interventi edilizi, realizzati sfruttando le preesistenti strutture dell'edificio legittimamente costruito, comportino effettivamente una trasformazione in pregiudizio dell'area circostante, così come tutelata dal vincolo, ovvero se si tratti di meri frazionamenti, utilizzi di locali preesistenti e sfruttamenti di coperture e strutture già legittimamente realizzate, tali da non incidere sull'equilibrio idrogeologico dell'area. Inoltre, l'amministrazione deve valutare l'incidenza di eventuali provvedimenti successivi, anche di altri enti, che abbiano autorizzato interventi analoghi nell'area, al fine di assicurare un'applicazione uniforme e coerente della disciplina del vincolo idrogeologico.