Il principio di diritto fondamentale che emerge dalla sentenza è il seguente: Il reato di estorsione aggravata dalla finalità di agevolare l'attività di un'associazione di tipo mafioso si configura quando, approfittando della propria appartenenza a un clan di camorra, si costringe la vittima, mediante minaccia, a compiere un atto di disposizione patrimoniale a proprio vantaggio o di terzi, in violazione della sua libertà negoziale. La sussistenza di tale aggravante non richiede la prova di un concreto vantaggio per il sodalizio criminale, essendo sufficiente che l'azione estorsiva sia funzionale agli interessi della consorteria mafiosa, come desumibile dalle modalità della condotta e dalla qualità di capo rivestita dall'autore del reato nell'ambito del clan. Inoltre, il ruolo di mero partecipe del concorrente nel reato di estorsione non può essere considerato di minima importanza, ai fini dell'attenuante di cui all'art. 114 c.p., quando egli abbia svolto un contributo causale significativo nell'economia complessiva dell'illecito, presentandosi come socio del capo clan e ricevendo direttamente il denaro estorto.