Il dolo generico, consistente nella consapevolezza della "immutatio veri", è sufficiente per l'integrazione del delitto di falsità materiale commessa dal privato in atti pubblici, ai sensi degli articoli 482 e 477 c.p., non essendo necessario l'"animus nocendi vel decipiendi". Tale dolo, lungi dall'essere un dolo "in re ipsa", deve essere provato sulla base delle concrete modalità della condotta, le quali, nel caso di specie, escludono la mera finalità di "bravata" e dimostrano invece l'interesse concreto dell'imputato all'utilizzo della patente di guida contraffatta, in quanto titolare di un'impresa di autotrasporti che, al momento del controllo, stava guidando un veicolo esibendo il documento falso. Pertanto, il dolo è desumibile dalle circostanze oggettive della condotta, senza che sia necessaria la prova di una specifica intenzione di nuocere o ingannare, essendo sufficiente la consapevolezza dell'alterazione della verità.