Il principio di diritto fondamentale che emerge dalla sentenza è il seguente: Il procedimento disciplinare a carico degli avvocati, svolto dai Consigli territoriali dell'Ordine, riveste natura amministrativa e non giurisdizionale. Ne consegue che: 1) la censura di irregolare composizione del Consiglio dell'Ordine per mancata rituale convocazione di tutti i membri dello stesso, ove non sollevata nel corso del procedimento disciplinare dinanzi al medesimo Consiglio, non può essere dedotta come motivo di impugnazione dinanzi al Consiglio Nazionale Forense o alla Corte di Cassazione; 2) non è applicabile al procedimento disciplinare il principio della immutabilità del collegio giudicante, essendo il Consiglio dell'Ordine un organo amministrativo e non giurisdizionale. Inoltre, in tema di sindacato di legittimità sulla motivazione della decisione disciplinare, la censura di "contraddittorietà e illogicità" della motivazione è ammissibile in cassazione solo quando si traduca in una "anomalia motivazionale" che si configuri come violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all'esistenza della motivazione in sé, e non per il semplice difetto di "sufficienza" della stessa. Infine, in materia di sanzioni disciplinari a carico degli avvocati, il criterio generale dell'irretroattività delle norme in tema di sanzioni amministrative comporta l'inapplicabilità della nuova disciplina sulla prescrizione introdotta dalla legge n. 247 del 2012, essendo tale istituto di fonte legale e non deontologica.