Il delitto di truffa si configura quando l'agente, con artifizi o raggiri, induce in errore la vittima, determinandola a compiere un atto di disposizione patrimoniale a proprio danno. Ai fini della sussistenza del reato, non è necessario che l'induzione in errore sia l'unica o la principale causa che ha determinato la vittima a compiere l'atto di disposizione, essendo sufficiente che essa abbia avuto un ruolo causale, anche concorrente con altri fattori, nella determinazione della condotta della persona offesa. L'accertamento della sussistenza degli elementi costitutivi del reato di truffa rientra nell'ambito del giudizio di merito, il cui esito è sindacabile in sede di legittimità solo ove risulti manifestamente illogico o privo di adeguata motivazione. Pertanto, il ricorso per cassazione avverso la sentenza di condanna per truffa è inammissibile ove si limiti a formulare generiche contestazioni sulla sussistenza degli elementi essenziali del reato, senza evidenziare specifici vizi logici o giuridici della motivazione adottata dal giudice di merito.